GINKO ( Ginkgo Biloba )
Il giallo antico come il mondo…
Guardiamo un po’ da vicino questa bellissima pianta che racchiude in sé un fascino ancestrale ed un colore che nella stagione autunnale è sicuramente degno di un pittore impressionista.
Credo che i più conoscano questa pianta per il suo utilizzo in cosmesi e creme per il corpo o addirittura per le sue proprietà benefiche sulla circolazione del sangue, ma c’è molto di più da sapere riguardo questo monumento verde che accompagna la storia del nostro pianeta sin dall’alba dei tempi. E’ altresì abbastanza noto infatti anche questo aspetto che riguarda il Ginkgo, il quale viene ritenuto un vero e proprio fossile vivente, con reperti che ci testimoniano della sua presenza nel nostro pianeta risalenti oltre 250 milioni di anni fa.
Il Ginkgo è una pianta appartenente alla famiglia delle Ginkgoaceae, genere Ginkgo e specie G. Biloba; le origini di questa pianta ci conducono in Cina dove, ritenuta sacra dal culto dei monaci, per millenni è stata anche coltivata e piantata nelle vicinanze dei templi con il compito di allontanare gli spiriti maligni. Il nome Ginkgo come viene scritto oggi è molto probabilmente frutto di un erronea trascrizione del botanico tedesco Engelbert Kaempfer che per primo recò notizie e studi relativi a questa pianta, traducendo dal giapponese “ginkyo”, che a sua volta fu tradotto dal cinese “yin-kuo”, letteralmente significante “albicocca d’argento”. Il termine Biloba invece deriva dal latino e fa riferimento alla forma della foglia che si suddivide appunto in due lobi. Esistono fossili di Ginkgo risalenti perfino all’età mesozoica, infatti in Europa è stato per lunghi anni considerato estinto proprio perché le uniche testimonianze della sua esistenza giungevano tramite i fossili, tanto che dopo essere stato scoperto Darwin non esitò a soprannominarlo “fossile vivente”.
Le specie di Ginkgo inizialmente erano una quindicina circa, ma l’unica che è giunta sino ai giorni nostri è appunto il Ginkgo Biloba; questo ci fa capire la tenacità di questa pianta che è senza dubbio un campione di longevità ed è anche provato che sia una delle piante più resistenti agli agenti atmosferici inquinanti. Oltre a questo il ginkgo è quasi inerme agli attacchi dei parassiti ed altrettanto rustico; temperature davvero rigide pare che non lo scalfiscano nemmeno, si parla di meno 35 gradi, spiegazione questa che ci suggerisce come abbia potuto sopravvivere alle glaciazioni che colpirono il nostro pianeta e giungere quindi sino ai nostri giorni. Se tutto ciò non dovesse bastare bisogna sapere che esistono ancora oggi sei esemplari di Ginkgo nella città di Hiroshima, i quali sono sopravvissuti all’esplosione nucleare che colpì in modo catastrofico la città durante il secondo conflitto mondiale, questo penso che basti per darci un idea!
Ma non facciamoci trasportare troppo dalle emozioni e torniamo all’aspetto botanico di questo maestoso albero che è sicuramente una pianta che per il suo portamento e sviluppo si presta più per parchi e grandi spazi che per le dimensioni ridotte dei nostri giardini attuali.
La pianta di Ginkgo raggiunge tranquillamente i trenta/quaranta metri di altezza e dieci metri di larghezza; negli esemplari più giovani si nota come la sua crescita sia più stretta e longilinea, per poi assumere forme più arrotondate con la maturità della pianta. Nelle giovani piante la corteccia è liscia e di color grigio brunastra, con rami un po’ radi che si alternano orizzontali dal tronco principale, per poi infittirsi con l’età osservando il contemporaneo fessurarsi della corteccia che assume un colore più scuro e placche incise.
Il Ginkgo è una pianta dalla foglia caduca, quest’ultime sono di certo l’elemento distintivo che grazie alla loro particolare forma ne facilitano il suo riconoscimento, la quale caratteristica è sicuramente il motivo che mi ha spinto a riservargli un posto di merito in questa mia rubrica di bellezze autunnali. Consiglio infatti chiunque ami i colori dell’autunno di cercarlo in qualche parco per poi passare a fargli visita nei mesi autunnali quando si colora di un giallo oro che non ha eguali. La bellissima particolarità che lo rende unico risiede proprio nelle foglie che una volta cadute a terra permangono per diversi giorni della stessa tonalità di colore acceso e luminoso che caratterizza quelle ancora presenti sui rami; offrendo così uno spettacolo davvero unico ai fortunati che si trovano ad ammirarlo, regalando loro un vero e proprio tappeto giallo sul quale camminare.
A tal proposito mi viene in mente un piccolo episodio legato a questo aspetto, e tutte le volte che vedo un Ginkgo ci ripenso e sorrido.
Alcuni anni fa prestavamo manutenzione ad un vecchio parco privato la cui età poteva essere collocata agli inizi del novecento e come un qualsiasi parco privato che si rispetti tra le varie piante maestose c’erano : un bel gruppetto di piante di Ginkgo che facevano da cornice alla casa ed un altro gruppetto opposto ad essi al di là del prato che li divideva per parecchi metri, un una vecchia proprietaria molto pignola ed amante del verde che come amici più fedeli aveva dei cani che correvano liberi nel parco, ed un custode anzianotto con accento veneto che aveva l’esperienza di chi apprende l’agricoltura non sui libri ma nelle stagioni trascorse all’aperto e nelle sue mani callose si può leggere la storia di essa. Mettiamo assieme tutto ciò ed ecco che una mattina d’autunno si sente l’anziana proprietaria maledire a gran voce il povero custode, il quale vede nelle foglie a terra del Ginkgo un semplice lavoro che l’autunno procura, e di conseguenza prosegue imperterrito con cuffie e soffiatore nello svolgere il proprio lavoro diligentemente senza sentire i richiami della signora che si sbraccia per farlo smettere e lasciare le foglie ancora a terra! Successivamente chiarito il motivo di tale interruzione lui si volta verso di noi e dice con accento vento “robe da matti” e se ne va borbottando in un monologo su quanto sarà poi difficile raccogliere le foglie sul ghiaietto una volta bagnate ed un pochino marce. Del resto si sa che romanticismo e praticità non vanno sempre di pari passo!
Altro scopo per cui viene largamente utilizzato il Ginkgo è la coltivazione in forma di bonsai, e se per ragioni di spazio non potete piantarne uno in giardino, è di sicuro una valida alternativa che può conciliare sia il vostro desiderio di possederne uno, con le ragioni più pratiche di spazio dovute al suo ridotto ingombro.
Veniamo ora ad un aspetto che forse rende un pochino meno nobile questa pianta che sino ad ora ho descritto come forte ed imbattibile!
Dobbiamo sapere infatti che il Ginkgo è una pianta dioica, e cioè presenta strutture maschili e strutture femminili su piante differenti, per cui uno necessita dell’altro per l’impollinazione, la quale avviene per mezzo del vento (anemofila). Tutto ciò non sarebbe un problema se non fosse per il piccolo dettaglio che contraddistingue i frutti degli esemplari femmine (anche se veri e propri frutti non sono, ma bensì è giusto parlare di semi ricoperti da un involucro carnoso) i quali hanno uno sgradevolissimo odore che li caratterizza, e chiunque abbia la sfortuna di camminare sotto la chioma di uno di essi una volta caduti a terra ricorderà sicuramente con poco piacere quella scampagnata! Ricordo che alle superiori c’era un gruppo di Ginkgo proprio sul vialetto che conduceva alle serre e alla palestra, nel periodo di maturazione e della caduta dei semi per passare di li si faceva uno slalom con il naso tappato tra queste piccole albicocche a terra che nessuno voleva calpestare, salvo poi incappare nei soliti cretini che ti spingevano per fartene pestare qualcuna e farti puzzare le scarpe come quando magari camminando sul marciapiedi si calpesta malauguratamente la deiezione di un cane, credetemi quando dico che l’odore è davvero simile!Chiunque abbia frequentato la scuola per agrotecnici di Minoprio sa bene di che parlo.
Tutto ciò però sarebbe semplicemente evitabile non mettendo a dimora esemplari femmine, o nel caso di gruppi con più individui, non mischiando le due piante, evitando così l’impollinazione e la conseguente formazione dei semi. Tuttavia resta il piccolo problema legato al fatto che i caratteri di queste piante, per potere essere distinte tra di loro, si manifestano soltanto con la maturità e quindi presumibilmente quando sono già a dimora da alcuni anni. Perciò non mi resta che augurarvi buona fortuna!
Altri particolari da snocciolare non credo ce ne siano, anche se mi rendo conto di aver descritto in poche righe un Highlander che popola il nostro pianeta da parecchio prima di noi. Vi invito quindi alla ricerca di questa pianta nei nostri parchi e orti botanici per poter così almeno ammirare e toccare con mano un vero e proprio antenato custode del tempo.